Cosa visitare


                                                                  Castello di Carlo V


Il Castello di Crotone è un bell’esempio di architettura bellica medievale e moderna. Sorge su un’altura tra i due promontori Japigi, Capo Alice e Capo Colonna, in una posizione ideale per dominare le coste del Mar Jonio. Già nell’Alto Medioevo si comprese come l’orografia della Calabria permettesse di edificare la roccaforte in un luogo non troppo distante dal mare, così da accorgersi di un eventuale attacco del nemico, ma neanche troppo vicino, in modo da avere il tempo per organizzare una controffensiva. In principio qui sorgeva un’acropoli, come nella tradizione magnogreca, e non vi era necessità di erigere ulteriori difese oltre a quelle naturali. Le scorrerie dei pirati saraceni del IX secolo, però, indussero i dominatori stranieri a costruire una fortezza che passò dai normanni agli svevi, e da questi agli angioini ed infine agli aragonesi. Sarà proprio sotto gli spagnoli che il Castello assumerà la struttura attuale: le imponenti mura di cinta non sono attorno all’edificio ma circondano l’altura su cui questo sorge, così da massimizzare l’efficacia difensiva, ed hanno una forma quadrata in luogo della precedente pentagonale. Le torri, inoltre, vennero mutate in baluardi, chiaro segno dell’evoluzione delle armi difensive da piombanti a radenti: se amate le strategie di guerra ed il mondo medievale, il castello di Crotone è un serbatoio infinito di informazioni e curiosità. Il fatto che sia detto Castello di Carlo V è dovuto alla carismatica figura di Don Pedro de Toledo che qui soggiornò e indicò le modifiche da apportare: non si ha invece notizia di alcun passaggio dell’imperatore del Sacro Romano Impero. I lavori di ammodernamento indussero purtroppo gli spagnoli ad utilizzare i materiali dell’antica acropoli magnogreca, andata perduta. Dopo essere stato abbandonato nel secolo XIX il Castello è oggi un’area espositiva di 14.400 mq ed ospita la biblioteca ed il museo civico.


Capo Colonna


Storia e fama del santuario nell'antichità

La storia del santuario di Capo Colonna è legata alla storia della colonia greca di Kroton, l'odierna Crotone, fondata alla fine dell'VIII secolo a.C. (708 a.C.) da un gruppo di Achei guidati da Miscello, il quale ricevette l'ordine dall'oracolo di Delfi di fondare una colonia presso il fiume Esaro, tra il Capo Lacinio e la sacra Crimisa. E al Capo Lacinio fu posto il santuario più importante della città, dedicato ad Hera.
 
Il Capo era noto nell'antichità come Capo Lacinio, la stessa dea ne prese l'appellativo di Lacinia. In età moderna veniva chiamato Capo Nao, da naòs = tempio. Oggi è detto Capo Colonna, da ciò che rimane dell'antico edificio sacro. L'immagine della colonna isolata, che si staglia sull'azzurro del mare che si confonde col cielo, unica supertiste di una costruzione possente, evocatrice di un passato glorioso, suscitava, e suscita, nel visitatore emozioni irripetibili…
Tradizioni mitiche
Il promontorio è stato teatro di numerosi avvenimenti mitici. Qui si era fermato Eracle di ritorno dalla Spagna con i buoi sottratti a Gerione che, nel subire un tentativo di furto delle mandrie da parte di Lakinios, lo uccise, ed assieme a questi, per errore, ferì a morte anche il figlio Kroton, eponimo della città che lì sarebbe stata fondata.
Secondo un altro mito, questo territorio era stato donato ad Hera da Teti, madre di Achille. Era un sito particolare, dove tutto cresceva rigoglioso e spontaneo come una sorta di giardino delle delizie.
E ancora la tradizione racconta che Menelao, costeggiando questi luoghi, aveva assistito alla celebrazione di un culto eroico con riti che ricordavano la morte di Achille, proprio sul promontorio del Lacinio, dove donne abbigliate a lutto piangevano il celebre eroe.

 

Una tappa del Grand Tour !

Numerosi furono i viaggiatori stranieri che visitarono il sito nel XVIII e XIX secolo, tra cui il Riedesel ed il Saint-Non. Ad essi e al Tommasini si devono le notizie più precise e le prime misurazioni. Alla fine dell'800 anche François Lenormand visita questi luoghi; e poi gli inglesi Edward Hutton e George Gissins di cui restano i resoconti di viaggio.

Caratteristiche del culto

Attraverso le fonti antiche ed i rinvenimenti archeologici delle offerte votive è stato possibile identificare le connotazioni della dea del Lacinio.
Nella mitologia greca Hera è la più importante tra le dee, moglie di Zeus e madre di dei ed eroi, essa è la protettrice principale della donna e di tutti gli aspetti della vita femminile: dal matrimonio alla procreazione, al parto, alla nutrizione della prole. Nel santuario di Capo Colonna essa è anche signora della natura e protettrice degli animali (potnia theron).
La tradizione antica riteneva il Lacinio una sorta di Eden, dove mandrie di animali sacri di ogni specie pascolavano senza pastore in un rigoglioso bosco-giardino, ritirandosi la sera nelle stalle, senza temere offesa da alcuno. Hera protegge la navigazione, che nel promontorio trovava un riferimento essenziale per il cabotaggio nel golfo di Taranto. Si pensi alle varie testimonianze che vanno dal Periplo dello Pseudo Scilace, all'Eneide di Virgilio, fino ad un portolano greco del XVI secolo.
Ma è soprattutto liberatrice (eleuthèria), come indicano un cippo in calcare ed un frammento di sostegno in marmo. Questo santuario infatti, era luogo di riparo e di asilo come lo erano i santuari di Hera a Samo e ad Argo, famosissimi nell'antichità. Al Lacinio sono stati trovati frammenti di tabelle di bronzo, dedicate alla dea, che attestano la ritrovata libertà di prigionieri e schiavi.
Secondo un'altra fonte, la dea del Lacinio è anche “colei che porta le armi” (hoplosmia), quindi avrebbe anche un aspetto guerriero.
        
Dai rinvenimenti di figurine femminili di terracotta con le mani portate ai seni, ( immagine ) si ricava la dimensione di Hera “nutrice dei bambini” (kourotrophos) e più in generale di colei che controlla i riti di passaggio dallo stato di fanciulla a quello di donna.
Infine assai famose erano le feste annuali in onore della dea, che radunavano sul promontorio tutti gli italioti venuti dalle varie città della Magna Grecia.
Offerte straordinarie, personaggi famosi e prodigi: Molti personaggi del mito e della storia offrirono nel tempio di Hera Lacinia i propri doni.
Tra i più famosi ricordiamo: Enea, che vi dedicò una coppa di bronzo (phiale) recante il proprio nome nell'iscrizione dedicatoria, ed Alcistene di Sibari, il cui manto, intessuto con fregi d'oro e raffigurazioni di divinità olimpiche, ed offerto ad Hera alla fine del VI secolo a.C., fu preso da Dioniso I nel 378 a.C. per poi essere da lui rivenduto ai Cartaginesi nel 374 a.C per l'esorbitante cifra di 120 talenti.
Nei versi della poetessa Nosside di Locri si ricorda il dono fatto alla dea dalla giovane crotoniate Theophilìs, che le offrì una veste di bisso, un lino finissimo, come era in uso fare tra le nobildonne della città.
Lo stesso Pitagora consigliava di offrire alla dea le vesti più belle e lussuose.
Zeusi, pittore famosissimo e richiestissimo, che girava nell'Atene del V secolo a.C con il proprio nome intessuto in oro sulla veste, dipinse nel santuario del Lacinio le storie di Elena di Troia, prendendo come modelle le più belle fanciulle di Crotone.
Tra il VI e il V secolo a.C. gli atleti di Crotone ricevettero grandi riconoscimenti durante le gare che si svolgevano ad Olimpia a partire dal 776 a.C., tra questi ricordiamo Milone e Astilo, le cui statue si trovavano ad Olimpia e al Lacinio.

Milone (Louvre, Parigi)

Milone fu anche sacerdote di Hera e stratego durante la battaglia del 510 presso il fiume Traente contro i Sibariti, in cui, vestito con la leonté ed armato con la clava, come Eracle, condusse i Crotoniati alla vittoria.
Dal santuario di Hera Lacinia passò anche Annibale, nell'estate del 205 a.C., prima di fare ritorno in Africa per fronteggiare Scipione. Qui egli commise due atti empi: fece uccidere gli Italici che non volevano seguirlo in Africa e che si erano rifugiati supplici nel tempio e tentò di impossessarsi di una colonna del tempio fatta completamente di oro massiccio, frutto dei ricavi dell'allevamento del bestiame. Ma dopo averne verificato la consistenza, prelevandone un pezzo, fu dissuaso dalla stessa Hera che in sogno lo minacciò di fargli perdere l'unico occhio rimastogli. Cosicchè Annibale rinunciò all'impresa e con l'oro trapanato fece fabbricare una piccola vacca (bucula) che pose sulla colonna come offerta alla dea. Prima di ripartire, il cartaginese fece incidere nel bronzo le proprie imprese (res gestae) in lingua punica e greca.

Il santuario era noto anche per altri prodigi. Lo storico Tito Livio narra che la cenere dell'altare del tempio non si sollevava né si disperdeva nonostante i forti venti a cui essa era esposta; riporta inoltre che se una persona scriveva il proprio nome con il ferro su una tegola del tempio, questo scompariva alla morte dello stesso.


Centro storico

 
Fino agli inizi di questo secolo Crotone era ridotta a quello che è ora il centro storico, cioè a quella parte della città che è compresa all'interno delle mura, costruite nel XVI sec. per volere del Vicerè Don Pedro di Toledo. Delle mura ora rimane qualche visibile testimonianza (il tratto meglio conservato è a piazza Mercato).
L'acropoli era situata dove ora sorge il castello che domina il porto.
La città comunicava con la campagna circostante attraverso un ponte levatoio, clic la sera veniva alzato con due grosse catene e la porta rimaneva chiusa tutta la notte. Davanti c'era un largo e profondo fosso. Nel 1867 il sindaco Raffaele Lucente fece demolire la porta centrale e il ponte di accesso e il fossato fu riempito. La porta era larga circa due metri, vicino stavano l'esattoria dei dazi comunali e il corpo di guardia nazionale (piazza Vittoria).


   Cattedrale di S. Dionigi


Cattedrale di S. Dionigi: l'impianto originario risale con molta probabilità al IX secolo, ma i vari rifacimenti non consentono di datarla in modo certo. Oggi è comunque visibile una struttura del XV secolo. La facciata è in stile neoclassico con tre portali e campanile sulla destra. L'interno in stile neoclassico presenta tre navate asimmetriche. Dell'impianto originario rimane - nella navata destra - una conca battesimale in pietra con motivi zoomorfi medievali. Nella navata sinistra vi è la Cappella di S. Dionigi con la statua lignea del XVIII sec., a mezzo busto e testa recisa nelle proprie mani. La cattedrale conserva un quadro di grande valore artistico del XVIII sec. del pittore crotonese Nicola Lapiccola, che rappresenta Gesù di ritorno dalla visita ai dottori. Il pulpito monumentale in marmi policromi e bronzo, opera dell'architetto Farinelli, è del 1898. Nella navata destra vi è la Cappella della Madonna di Capocolonna, progettata dall'architetto Pier Paolo Farinelli nel 1898, e affrescata dal Severini. Ha una cancellata in bronzo dorato di stile barocco. In fondo alla cappella c'è il quadro della Madonna, la tavola bizantineggiante è l'unico esemplare in Calabria dove predomina il tipo della Madonna in trono o a mezzo busto. Famoso è il pellegrinaggio della Madonna da Crotone a Capocolonna che si svolge ogni anno nella seconda domenica di maggio e ogni sette anni è la festa grande (molti fedeli percorrono a piedi la strada fino al santuario di Capocolonna, ripetendo l'antica tradizione dei pellegrini che si recavano in pellegrinaggio a rendere omaggio alla dea Hera sul promontorio Lacinio). All'inizio della navata destra vi è un dipinto su tela di stile romano del secolo XVII che raffigura il martirio di S. Dionigi.

   Chiesa dell'Immacolata



Chiesa dell'immacolata: in stile barocco, presenta un'unica navata. Fu eretta nel 1738 sopra un modesto tempietto con una cripta sottostante, attualmente visitabile, dove sono ben conservati i teschi della confraternita. Posto a destra della navata si può ammirare un prezioso crocifisso ligneo del Seicento, proveniente dalla chiesa di S. Giuseppe. Il crocifisso presenta una singolare caratteristica: lo sguardo di Cristo è rivolto verso l'alto, a Dio, mentre generalmente i crocifissi ritraggono Cristo col capo chino, sofferente, ormai senza vita. Le pareti inoltre sono adornate con dipinti che ritraggono la vita della vergine (XVIII e XIX sec.)


  Chiesa S. Giuseppe


  Chiesa di S. Giuseppe: edificio barocco con portale in arenaria locale, decorato a lesene e vari motivi ornamentali, con iscrizione del 1719.


   Chiesa S. Chiara



 Le castella 

L'origine di Castella si perde nel tempo cosi come è circondata dal mistero la presenza, attestata fino al '500, di due o tre isolette non lontane dalla terra ferma, in una delle quali, quella denominata Ogigia, si è detto vi avesse dimorato Calipso che avrebbe trattenuto per lungo tempo l' eroe dei mari Ulissesecondo il racconto di Omero.
Questa collocazione ha aperto una contesa non ancora del tutto placata, pur se storici, letterati e geografi concordano nel collocare l'isola incantata in quell'arcipelago, invero povero di componenti, prospiciente il tridente dei promontori Japigi formato da Capo Cimiti, Capo Rizzuto e Punta Castella. Per comprendere invece il significato del nome di “Le Castella”, usato al plurale anziché al singolare, bisogna considerare che la tradizione popolare riferisce l' esistenza di molti altri castelli ubicati sulle isole prospicienti il litorale e sprofondate negli abissi marini.
Nei diplomi del periodo Normanno-Svevo, il centro compare col nome di Castella Maris (Iudex Castellorum Maris) e gli abitanti sono chiamati Castelisi.


Ma la vera storia del luogo è quella legata al Castello, un edificio che è stato ed è ancora oggi il baricentro di tutte le vicende di questo meraviglioso pezzo di Calabria. La posizione geografica di Punta Castella s'impose in  occasione del trattato di amicizia tra Roma e Taranto nel 304 a.C.; sta di fatto che in base al trattato, alle navi da guerra romane era proibito navigare ad oriente di Capo Lacinio onde parve opportuno ai Tarantini - per sorprendere le navi romane che provenivano dal Tirreno e si dirigevano verso Taranto - di istituire una vedetta proprio a Le Castella . Appena un secolo dopo, negli ultimi anni della seconda guerra punica, tra il 208 ed il 202 a.C., si dice che Annibale, incalzato dagli eserciti romani e costretto a un repentino ritorno in patria, abbia fatto costruire là dove ora sorge il possente monumento aragonese una sorta di accampamento (o una torre di vedetta).
Dopo la dipartita di Annibale i Romani fecero sbarcare per motivi strategici sul posto circa tremila coloni e chiamarono il luogo Castra. Fu così che la permanenza di quegli uomini diede origine al borgo che prese il nome di Castella, e presso alcuni al plurale maschile o femminile.


 Riserva Marina Capo Rizzuto


Esplora i fondali 
BATTELLO A FONDO TRASPARENTE
E’ possibile ammirare gli splendidi fondali dell’A.M.P. a bordo di una motonave dal fondo trasparente; le escursioni sono ormai divenute una delle attrazioni principali della zona. 
Il battello a fondo trasparente
Un’esperienza unica lasciarsi cullare dalle onde ed osservare le immense praterie di Posidonia Oceanica, abitate da simpatici pesci multicolori, che fanno capolino dai ribelli e verdi ciuffi.


La gita dura circa 1 ora, e, per chi lo volesse, è anche prevista una sosta bagno per tuffarsi nelle incontaminate acque del luogo. Il breve ma emozionante viaggio nel mondo sommerso è previsto anche di notte.
Il battello a fondo trasparente
Escursioni su battello a fondo trasparente “Eranusa”


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Prenotazioni ed informazioni: 
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ERANUSA via dei Saraceni, 4 Loc. Le Castella - 88841 Isola di Capo Rizzuto -


tel. 0962.795038 fax 0962.795038 cell. 393.9076600 - 333.3724259

Battello a visione sottomarina Ogigia
Battello a visione sottomarina "Ogigia"


Dotata di 2 motori con una lunghezza di 12,00 mt, ha una capacità di portata di 48 persone.
Ha differenza dei classici battelli a visione sottomarina, Ogigia dispone di una incanalatura centrale profonda ad altezza uomo che permette di ammirare da ambo i lati, restando comodamente seduti, i colori e le forme dei fondali dell'AMP, come se il visitatore fosse su un sommergibile. 
Ogigia salpa tutti i giorni, dal 30 marzo al 1 ottobre, dal porto turistico la Darsena di Le Castella, Gli orari di partenza sono al mattino dalle h 9.00 alle h12.00 ed il pomeriggio dalle h 15.00 alle h 17.00. (una corsa ad ogni ora)
Costo: adulti € 9,00; bambini fino a 10 anni € 7,00; bambini sotto i 3 anni gratis. La Prenotazione è obbligatoria. Si effettuano anche escursioni notturne su prenotazione solo per i gruppi.Informazioni e biglietteria:

Dear Marine S.r.l
Servizi e accessori nautici
p.zza Uccialì
Le Castella
Tel e fax 0962/795960
Mobile 327/8356452



NAVY TOUR

  



  


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Parco Archeologico di Capo Colonna e Museo



Dieci chilometri più a sud della città di Crotone, sul promontorio di Capo Colonna, dove ieri insisteva il grande Heraion Lakinion, oggi sorge il Parco Archeologico omonimo realizzato dalla Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. Il Parco si estende lungo 30 ettari di terreno adibito a scavi, e altri 20 ettari adibiti a bosco e macchia mediterranea. Tra le aree sacre più note dell'intero bacino del Mediterraneo, il celebre Heraion Lakinion ruotava attorno al maestoso santuariodedicato alla dea Hera Lacinia.
L'ingresso del Parco è costituito dal nuovo Museo Archeologico, struttura a tre padiglioni incassati nel terreno per ridurre l'impatto ambientale, che raccoglie i reperti rinvenuti nell'area di scavo antistante. Un lungo viale alberato, immerso nella lussureggiante macchia meditarranea conduce alle prime evidenze del Parco Archeologico. Terminato il viale, appare la cinta muraria del VI secolo a.C. rinforzata più tardi dai romani e di cui è ben visibile l'opus reticolatum. Varcando l'ingresso della Via Sacra, larga 8,5 metri e rinvenuta in parte nel 1987, si entra nell'area del santuario di Hera Lacinia, ben protetta dall'ampia cortina muraria rinforzata a nord e a sud da due torri esterne. La zona sacra si articola in due aree orientate ad est, ed attraversate dalla solenne Via Sacra. Allineato verso il lato nord si trova il Katagogion, albergo per i pellegrini privilegiati, dotato di un peristilio con colonne stuccate e capitelli di ordine dorico della seconda metà del IV secolo a.C. Sempre di questo periodo è l'Hestiatorion, edificio per i banchetti, posto lungo il lato sud del tracciato. I due edifici non sono ancora completamente indagati. Di fronte l'ingresso della Via Sacra, sul lato est del promontorio di Capo Colonna è situato il tempio di Hera Lacinia, fiore all'occhiello dell'intero Parco Archeologico. In stile dorico con pianta rettangolare di 6x19 colonne, risale al V secolo a.C. Oggi del maestoso tempio rimane una sola colonna superstite con stilobate, in stile dorico alta 8,5 metri con 20 scanalature piatte, ed il poderoso basamento composto su 10 livelli di blocchi squadrati. Di fianco il tempio sono state individuate le fondamenta di un grosso edificio denominato B con pianta rettangolare di 22x9 metri. Nell'area esterna al santuario, ma sempre all'interno del Parco Archeologico, sono stati scavati diversi ambienti domestici, che fanno pensare agli alloggi dei sacerdoti, un balneum termale di epoca romana, ed una villa romana entrambi del III secolo d.C.
I cospicui oggetti rinvenuti durante gli scavi nel Parco Archeologico sono divisi tra i diversi musei della città di Crotone. Gli ultimi rinvenimenti si trovano nel nuovo e adiacente Museo di Capo Colonna, mentre qualcosa di epoca precoloniale viene esposta nell'Antiquarium di Torre Nao, ubicato all'interno del Parco Archeologico. Nel più attrezzato Museo Archeologico Nazionale di Crotone sono sistemati i primi reperti di età arcaica e sopratutto il prezioso Tesoro di Hera.
(museo archeologico di Capo Colonna)